Gambling – L’ignoranza uccide

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Giacomo è uno dei miei coinquilini. Mi ha inviato questo testo chiedendomi di fare qualche correzione. Non ne ho le capacità, ma provo a farlo nei punti in cui io avrei scritto diversamente.

Il mio corso preferito è statistica.

Non so perché me ne innamorai, la statistica non è romantica, la statistica non è emotiva, è raziocinio puro, non lascia spazio al sentimento.

E forse proprio per questo me ne innamorai, perché dà una risposta certa a tutto, senza lasciare spazio ad interpretazioni. La vita è un imprevisto continuo, la statistica porta certezza.

Ho sempre osservato con curiosità il mondo delle scommesse: non ho mai avuto bisogno di soldi e non ho mai desiderato un brivido nella mia vita, però questo mondo mi ha sempre affascinato, e oggi, per la prima volta, mi sono dato una risposta.

La statistica spiega tutto e non lascia spazio a tante cose, ma soprattutto all’ignoranza.

E l’ignoranza uccide, non direttamente, ma uccide.

Sono arrivato a questa consapevolezza ieri sera, anzi ieri notte. 

Un normale sabato sera, torno a casa alle 2 di notte circa, aprendo la porta trovo una situazione simpatica, che mi strappa un sorriso; il mio coinquilino con due amici, seduti sul divano con il computer collegato alla tv.

Stavano giocando alla roulette, online, con soldi veri.

Nulla di strano, è capitato anche a me in passato di organizzare questo tipo di serata con alcuni amici; decidi che non hai voglia di metterti il giubbotto, uscire, andare in centro e bere un drink, quindi quei dieci euro puoi usarli per intrattenerti giocando online.

Uno strappo al solito weekend, nulla di ricorrente, una semplice serata dove inizi sapendo che quel saldo scenderà sicuramente a zero, dove ti troverai agitato per una puntata da 20 centesimi, un brivido.

Un brivido innocuo, perché sai che, comunque vada, tu quei soldi sei disposto a perderli, sono soldi che avresti comunque speso. Tu non vuoi vincere, vuoi intrattenerti.

Occhi puntati sullo schermo, a malapena mi salutano.

Ci metto poco a capire cosa succede, e allora mi siedo dietro a osservare e commentare; regna la goliardia, si stanno divertendo, puntano venti centesimi in tre, eppure sembra si stiano giocando il mondo. Se quelle monete cadessero loro dal portafoglio forse nemmeno si sforzerebbero a raccoglierle.

Passano le ore, le due diventano le quattro, e solamente dopo l’altalenante andamento del saldo sono ritornati alla cifra di partenza. Quarantacinque euro. Quindici a testa.

Si sono intrattenuti, hanno riso, hanno provato il brivido, hanno passato la serata e sono perfino riusciti a risparmiare i soldi, vorrà dire che il prossimo sabato si prenderanno due drink.

E invece no.

Uno dei tre esclama: “se volete uscire, uscite. Io rimango, poi ve li mando su paypal”.

Qui inizia il mio racconto.

Decide quindi di continuare, e non con i quindici euro iniziali, ma con i quarantacinque totali. Tanto dopo fa un paypal. Uno dei tre si ritira con il suo portafoglio immacolato, l’altro decide di rimanere dentro, per paura quasi di perdere l’opportunità di capitalizzare ulteriormente, magari è la volta buona.

Ora non si parla più di intrattenimento.

Ora il mostro ha iniziato a dilagare.

Il pattern di puntata è molto semplice: si gioca solo sui due colori, rosso e nero. Si punta su uno dei due e si aspetta uno schema ricorrente.

Si aspetta che escano tre numeri di fila dello stesso colore, supponiamo il rosso, e si inizia a scommettere sul colore opposto, il nero. Se esce effettivamente il nero si incassa la vincita, se esce il quarto rosso di fila si scommette sul nero, raddoppiando la puntata per tornare in pari. Se esce il quinto rosso di fila, si scommette ancora il doppio sul nero, e cosi via. 

“Se il rosso continua ad uscire, è più probabile che ora esca il nero”

È per questo che amo la statistica.

Perché il loro cervello è stato mangiato dai colori abbaglianti del gioco e la dopamina derivante dal brivido di perdere tutto ha preso il sopravvento sul raziocinio.

Non è più probabile che esca il nero. Dopo cinque volte che esce il rosso, la probabilità che esca il nero è del 50%. Dopo mille volte che esce di fila il rosso, la probabilità che la milleunesima girata sia nera, è del 50%.

Sempre cinquanta percento.

Eppure questo loro non lo considerano.

Dopo cinque rossi di fila, bisogna scommettere tanto, perché il nero non esce da un po’.

La statistica non lascia spazio nemmeno alla stupidità dell’uomo.

Loro non sono stupidi, ma il gioco li ha resi tali.

Si è creato un automatismo, il mouse appoggiato sul divano ha scavato il binario da percorrere per premere solo due minuscoli pixel in quello schermo, “punta” e “gira”.

Non è più intrattenimento. 

Gli sguardi sono seri.

Nessuno parla, si sa già come scommettere, non c’è bisogno di concordare le puntate.

Lo schema è ricorrente.

Si è persino deciso di velocizzare la roulette, premi “gioca” e la roulette comunica il numero uscito, nessun intrattenimento, efficienza pura. 

Niente animazione, niente attesa del risultato. Solo il numero. Bisogna essere veloci, bisogna scommettere di nuovo.

Erano a quarantacinque, sono scesi a due, sono risaliti a sessantaquattro. 

“Stacca che siamo sopra, ci siamo fatti dieci euro a testa” dice uno, l’altro a malapena risponde, è troppo concentrato a seguire il pattern, quel pattern che chiunque abbia della basi logico matematiche condanna.

Alza la testa e risponde “arriviamo a sessantacinque tondi, ci manca un’euro”. 

Quell’euro non avrebbe fatto la differenza.

Arrivano a sessantacinque, si guardano in silenzio, e senza dire niente il cursore scende come per gravità nel pulsante “gioca”.

Non sono più a sessantacinque.

Puntano venti centesimi sul rosso. 

D’altronde sono tre volte di fila che esce nero.

Esce ancora nero, un’euro sul rosso.

Ancora nero, sono cinque di fila, ora deve uscire sicuramente rosso, sei euro sul rosso.

Nero, sono sei di fila, una strike mai vista prima, accade una volta su mille, quindici euro sul rosso.

Ancora nero.

Sorride.

Sorride perché lo sperava.

Voleva perdere, perdere significa pover scommettere pesante. Le sue mani sudano, il mouse sembrava voglia scappare, battiti a 140bpm, eppure sorride.

Scommettere tanto significava vincere tanto, e sembra quasi che il gioco gli sia amico, perché sono usciti sette rossi di fila, sette. Ora era impossibile non uscisse il nero.

Probabilità di uscire: 50%.

Come la volta prima.

Come la prima volta.

Ma questo loro se lo sono scordati.

40 euro sul nero.

Il saldo è a zero.

Esce il nero.

80 euro di saldo.

Il doppio della partenza.

Si guardano, in silenzio, e nemmeno si sorridono.

Non esultano.

Hanno appena vinto il doppio dei soldi.

Hanno appena evitato di farsi molto male.

Hanno appena evitato di perdere quaranta euro.

Quaranta. 

Mezza giornata di lavoro.

Tutte queste puntate sono accadute in meno di 120 secondi, d’altronde era un automatismo, non serviva riflettere su quanto e su cosa puntare.

All’inizio esultavano quando da venti i centesimi si passava a quaranta.

All’inizio si intrattenevano, ora no.

Uno dei due si alza e dice “io sono fuori, fammi un PayPal”.

Hanno vinto, hanno battuto il banco.

Uno dei due, guardandomi, esclama: “Deve esserci una logica, come è possibile che nessuno prima d’ora abbia mai usato questa tecnica?”

Non rispondo, però Dio quanto amo la statistica.

Sono le quattro di mattina, non mi va di mostrarmi saccente agli occhi di sconosciuti e spiegare il teorema della probabilità condizionata e dell’indipendenza degli eventi aleatori.

Forse perché se mi rispondesse: “eh però con questo metodo noi abbiamo vinto il doppio” potrei seriamente arrabbiarmi.

Mi arrabbierei perché è così semplice, logico e razionale da capire.

Mi arrabbierei perché per ogni persona che è fortunata, ce ne sono cento che non lo sono e arrivano a giocarsi la casa, perdere gli affetti, perdere la dignità, perdere la vita.

L’ignoranza uccide.