Andrea Alongi – da “Un giorno in pretura” a “One more time”

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Se avessi ancora accesso all’account Google usato durante l’adolescenza, andrei a controllare quante volte compaia “In tribunale per 5 euro di fumo” nella cronologia.

Il video è stato caricato su Youtube il 5 Luglio del 2016, quando mancava un mese al compimento dei miei 14 anni.

Non ricordo come mi fosse arrivato quel contenuto, se ne avessero parlato i miei compagni in classe o se fosse stato inoltrato un link nella chat di gruppo.

Ma ricordo con precisione i pomeriggi passati in casa di Marco, ai tempi mio migliore amico, la televisione di ultima generazione che permetteva il cast dei contenuti dal telefono, e il divano blu su cui passavamo delle ore a guardare quel genere di video.

Ci faceva ridere la goffaggine di Alongi, le risposte al magistrato, la nonchalance con cui si scrocchiava le dita, il movimento della testa che precedeva la nota di divertimento nel rispondere alle domande apparentemente stupide del pubblico ministero, il tentativo di argomentare lucidamente le risposte, il famoso “5 euro, due canne” che a lui sembrava legittimo, i poliziotti chiamati “sbirri”, il pubblico ministero che si innervosisce, “la polizia municipale fa le multe”, il suo timore rispetto ai diversi corpi di polizia, il gesto compulsivo di tirarsi la maglia (tipico di chi non è a suo agio con il proprio corpo), il mostrare con le dita le dimensioni del tocco di fumo, il poliziotto che quantifica la merce paragonandola ad una caccola, il racconto della minaccia di percosse, la Mazda “bella da dio” su cui sale.

Ricordo anche come avessimo creato uno slang tutto nostro, fatto di queste frasi estrapolate, da noi studiate fino a riuscire a simularle con gli stessi accenti, pause, gesti.

7 Gennaio 2025

Ora di anni ne ho ventidue.

Sul canale youtube “Podcast ONE MORE TIME di Luca Casadei” esce un’intervista ad Andrea.

Ora ha trentaquattro anni, i capelli già bianchi e non più corti come li aveva durante il processo. Nell’intro lo si vede come un bambino che tocca il cabinato e la consolle da dj, lo si sente dire “ma è fighissimo” davanti a dei minipanettoni, si diverte ad osservare i pupazzi come fosse in un parco giochi.

Non c’è più nulla che mi faccia ridere: quando nel 2016 avevo quattordici anni, avevo il lusso di poter guardare dei video beceri su Youtube e passare i pomeriggi come preferivo, ricevevo l’affetto dei miei genitori, dopo cena mi stendevo nel lettone con la mamma, parlavamo, lei mi abbracciava, mi baciava.

Dal racconto, in cui si mette a nudo, scopriamo invece che tutto questo ad Andrea è mancato: l’uomo che tutt’ora viene ricordato per il “5 euro due canne” ha un passato al quale pochi di noi sarebbero sopravvissuti, dove l’affetto e l’amore sono inesistenti, un passato in cui le droghe compaiono in una fase addirittura pre-adolescenziale.

Per completare il quadro, ricorda qualche frame degli episodi di violenza ai danni della madre, vittima del compagno che avrebbe dovuto ricoprire il ruolo del padre che gli è sempre mancato mentre finisce per essere chi lo avvicina a quel mondo velenoso.

In tutto questo fango intravedo qualcosa che brilla, il suo animo gentile: è una persona buona. Al processo non era presente per i cinque euro di fumo, ma per testimoniare contro gli organi di polizia, contro chi si sente legittimato ad usare la forza nei confronti di una persona solo perché diversa. Lo stesso luccichio compare nei suoi occhi ogni volta che parla del fratellino, quando ci tiene a sottolineare che è proprio suo fratello, non un fratellastro.

In Casadei la capacità di intervistare è magistrale, una parola non interscambiabile: Luca Casadei ha un talento davvero singolare, come singolare è la capacità di entrare in contatto con le emozioni ed il dolore dell’intervistato.

Quella in cui mi sono immerso per un paio d’ore è una bellissima storia di riscatto dalla condanna sociale e dalla dipendenza, che senza volerlo fa luce sulle tante falle di un sistema che dovrebbe aiutare ed allontanare i ragazzi dalla morte ma in alcuni casi va nella direzione opposta.

Non riesco a smettere, vorrei parlare del rifiuto a ricevere un aiuto tramite una raccolta fondi, così sincero e spontaneo, un’offerta a cui risponde sempre a disagio, ripetendo che non c’è bisogno, che se l’è sempre cavata da solo, che piano piano quel debito riuscirà a saldarlo.

Andrea è d’esempio perché ha saputo perdonarsi, è pronto a pagare per i suoi sbagli, e non è scontato. Al costo di ripetermi, prima di commentare chiamandolo “rimasto”, pensate a come sareste cresciuti se coloro che dovrebbero ricoprire il ruolo genitoriale vi avessero detto che fate schifo.

Il mio augurio è che il video possa renderci meno giudicanti e più empatici.

Questa è la mia redenzione per tutte le volte in cui io stesso ho giudicato dall’alto di quella che pensavo fosse una torre d’avorio che si è rivelata poco più alta di uno sgabello.